Buona lettura, se vi va.
Esperienze con ayahuasca: raccontarle (e ascoltarle) fa male
Poche cose interferiscono in modo tanto negativo con la profondità della tua esperienze con l’ayahuasca come i racconti delle esperienze degli altri. Questi migliaia di video e blog in internet in cui le persone raccontano con minuzia di particolari l’esperienza con funghi magici che gli ha cambiato la vita, o l’illuminazione che hanno raggiunto nella settima cerimonia di ayahuasca, non solo sono irrilevanti, ma stanno anche ostacolando il tuo vero incontro con questi enteogeni. Tutti questi racconti sono spazzatura e internet ne è piena.
Perché sono spazzatura?
Ci sono molte ragioni, però qui ne presenteremo solo cinque brevi e semplici da comprendere. Con questo non cerchiamo di dissuadere chi racconta le sue esperienze, ma vogliamo incentivare la ricerca di altri tipi di fonte di documentazione sulle esperienze enteogene, e ricordare che, alla fine:
I racconti creano aspettative.l’unica e vera fonte di conoscenza non si trova in internet ma nell’esperienza diretta con l’enteogeno.
Condividere ciò che hai sentito e visto non aiuta gli altri ad attraversare l’esperienza ma esattamente il contrario, perché crea delle aspettative su ciò che dovrebbero o no sperimentare, e le aspettative sono un ostacolo per vivere l’esperienza enteogena in tutto il suo splendore, senza giudizi, limiti o idee prefabbricate.
La nostra umanità filtra l’esperienza.
Siamo un veicolo che filtra le esperienze enteogene secondo le variabili interne ed esterne. Quello che sperimentiamo e processiamo, nell’incontro con questa intelligenza vegetale, ha senso solo all’interno dei confini della nostra esistenza individuale, in questo spazio-tempo particolare. Se ci sono esperienze simili, è per l’esistenza dei racconti, non per le esperienze enteogene in sé stesse, che sono infinite e irripetibili.
L’esperienza enteogena è inafferrabile.
I racconti limitano, danno forma, trasformano in parole qualcosa che è impossibile captare, perché troppo sottile. Il viaggio enteogeno è qualcosa che non si può afferrare, e nel tentativo di trattenerlo lo si imprigiona in una prigione di parole, e si trasforma in qualcosa di grossolano e ridotto, una cosa che letteralmente è “incontrarti con il Dio che è dentro di te”.
Quando il saggio indica la luna lo sciocco guarda il dito.
Quando racconti i colori e le forme che hai visto, quante volte hai vomitato, come sei morto e uscito dal corpo per alla fine incontrarti con il Buddha, attraversando i cieli a cavallo dei tuoi antenati indigeni, che ti dicevano che sei il prescelto per continuare il lignaggio sciamanico, stai guardando il dito! Ti sei fermato a guardare il dito che ti indicava la luce, e la luce ti è sfuggita. Se non comprendi questo, o l’argomento ti genera rifiuto, vuol dire che continui a guardare il dito.
I racconti sono sintomi di non essere andati in profondità.
Raccontare con precisi dettagli tutto ciò che hai vissuto con questo o quell’enteogeno, è dimostrazione del poco che hai viaggiato. Poco profondamente, soprattutto, perché qualcosa che è infinito, e che si è vissuto un’infinità di volte, non invita a essere scritto in un libro per mostrarsi agli altri, ma a farne tesoro nel più profondo di noi stessi, e ad essere condiviso nel silenzio che conosciamo solo noi che abbiamo la gioia di essere portati dalle piante e dai funghi in altri regni.
Non sono pochi gli psiconauti che sono passati attraverso questa tappa di logorrea. Alcuni limitatamente ai propri diari personali di viaggio e altri, con molta meno grazia, in un blog o un canale di youtube. Il certo è che, affinché l’esplorazione enteogena continui ad essere il bastione della evoluzione della mente, bisogna liberarla dalla prigione delle parole, cosa che i nostri antenati tribali seppero fare per migliaia di anni e che per noi, etnocentrici e civilizzati, è una sfida in sospeso.
LINK ALL'ARTICOLO: http://www.ayahuasca-curandera.it/ayahu ... arle-male/
TRADOTTO DALL'ORIGINALE: http://culturaenteogena.com/2016/09/por ... on-basura/