Le linee egizie, l'universo profondo e derealizzazione

Autore Oddish93
Sostanza assunta 1P-LSD
Via di somministrazione Orale
Quantità 200 μg
Set Galvanizzato ma un po' in ansia, reduce da una settimana intensa
Setting Casa, successivamente città
Durata 8 ore, più 3-4 di strascichi
Link al topic https://psiconauti.net/forum/viewtopic.php?f=28&t=3536

8 dicembre 2017. Alle 13.07 ho assunto 200 microgrammi di LSD. Un amico, che chiamerò R, mi ha fatto da Trip Sitter, rimanendo sobrio.

Negli scorsi mesi ho provato psichedelici altre due volte: prima 50 microgrammi di LSD, poi 5 semi di Argyreia Nervosa, contenenti LSA. Sono state entrambe esperienze molto positive, nonostante la totale assenza di qualsivoglia effetto ottico. Ci sarebbe tanto da dire anche su di esse, ma quest’ultima esperienza è stata così intensa da farmi pensare alle due precedenti come a briciole in confronto.

Non faccio uso di nessuna droga tranne per le esperienze sopracitate. Non bevo alcool, non fumo né sigarette né erba né altro, etc. In passato, escludendo singoli sorsi per assaggiare qualcosa, ho bevuto solo una volta alcool e ho provato solo una volta, con pochissimi tiri, la cannabis tramite un vaporizzatore.

Si tratta quindi di un mondo per me totalmente nuovo. Ho deciso di provare con gli psichedelici incuriosito dai loro effetti, e perché non danno dipendenza e non arrecano danni o effetti a lungo termine all’organismo.

Ciò che ho vissuto è indescrivibile, e quello che ho scritto qui è un magro tentativo di mettere a parole qualcosa che va esperito in prima persona per essere comprensibile. Ho fatto del mio meglio per spiegare, ma sento che non è neanche lontanamente sufficiente.

Esperienza

Il principio: effetti soprattutto somatici (dalle 13.40 circa)

Dopo circa mezzora dall’assunzione, ho iniziato a sentire le stesse sensazioni che ricordavo: ero stimolato, sentivo lo stomaco formicolare, dovevo muovermi. Lo percepivo, come l’altra volta, come se vi fosse un liquido all’altezza dello stomaco che pervade tutto il mio corpo e sta costantemente salendo, a meno che io non mi muova, nel qual caso scende tornando al livello dello stomaco. E devo muovermi, fare cose, perché se sale fino al livello della bocca sento che non va bene, come quando l’acqua straborda da una pentola.

Dopo poco, è arrivato anche l’altro effetto che ben ricordavo: mi veniva da ridere per ogni minima cosa, e così ridevo, ridevo e ridevo ancora, senza sosta. R partecipava e rideva con me.

Un effetto che la scorsa volta non ebbi, è stato il digrignare i denti un po’ per tutta la durata del trip e, soprattutto, una forte secchezza attorno alla bocca e il sentirmi tutta quella zona un po’ anestetizzata / semi-bloccata / impastata. R mi ha assicurato che parlavo normalmente.

Luci nello Spazio: effetti ottici a occhi chiusi (dalle 14.30 alle 15 circa)

Successivamente siamo andati in sala, R ha proposto di mettere musica, immagini che scorrevano sullo schermo della TV (collegata al PC) con uno slideshow dedicato e di vedere cosa sarebbe successo. La musica risultava particolarmente gradevole (The Monolith of Phobos dei The Claypool Lennon Delirium), come se mi solleticasse fisicamente e mentalmente. Le immagini sullo schermo non mi stavano facendo particolari effetti, salvo che quando erano molto bianche / luminose mi davano un po’ fastidio.

R mi suggerisce di chiudere gli occhi, mentre sono seduto sul divano. Ed ecco che tutto ha inizio. Con gli occhi chiusi, forme di colori variopinti e luminosi fanno capolino, ruotano, si moltiplicano, si muovono, generando pattern di forme variabili e sempre più complicati. Anche se non vedo cosa c’è sullo schermo, so che l’immagine è cambiata: slide! Lo so perché tra un’immagine e l’altra c’è un momento di bianco, e avendo gli occhi chiusi ho visto una luce fortissima, come se mi trovassi di fronte a un sole bianco e luminosissimo. Dopo questo lampo, le figure precedenti sono sparite, ma ora se ne formano di nuove, di colori diversi e seguendo uno schema diverso. Slide! Nuove forme. Slide! Altre ancora. Slide!

Dopo alcuni Slide!, quel che vedo inizia ad essere tridimensionale e realistico, non più forme geometriche astratte. I colori continuano a farla da padrone. Mi trovo in un bar nello spazio, lo capisco da pochi elementi che vedo nitidamente: sgabelli futuristici ed eleganti, il bancone, la vetrata che dà sull’universo con le stelle. Slide! Paesaggio desertico in stile western, cactus rinsecchiti. Slide! Ora sono letteralmente sospeso nell’universo profondo. Tutto attorno a me si estende all’infinito, ci sono le stelle.

Mi dà fastidio la sensazione tattile del culo sul divano, perché contrasta con il vedermi circondato dall’universo. Mi alzo, mi metto in piedi e spalanco le braccia, ruotando lentamente per ammirare l’immensità che mi circonda. Slide! Slide! Slide! Ogni tot tempo a cadenza regolare, tutto attorno a me cambia, rivelando nuovi ambienti, nuovi colori, con l’intermezzo luminosissimo. Ogni ambiente sembra dominato da una certa luminosità e una certa tonalità. Mi sento sicuro che sia dovuto alla luminosità dell’immagine che in quel momento si trova davanti a me, sullo schermo, anche se non la posso vedere.

Provo a chiedere conferma a R. Mi risponde che aveva chiuso lo slideshow da un po’, dopo una decina di immagini, e che tutto quello che stavo vedendo quindi non dipendeva dallo schermo, che era fisso su Spotify a schermo intero.

Sentire la sua voce a meno di 2 metri da me mi destabilizza. Mi trovo sempre in luoghi immensi, non certo in una piccola stanza. Ho viaggiato mondi uno dopo l’altro, il mio sguardo si perde nell’infinito, queste visioni mi hanno rapito al punto che sentire la voce di R così vicina fa uno strano effetto. Sono nello spazio, ma sono anche ancora nel mio salotto. E lui non sta vedendo niente di tutto questo spettacolo.

Gli dico che è tutto bellissimo, ma che continua a cambiare a gran velocità, sarebbe bello se fosse più stabile. Mi dice di aprire gli occhi. Indugio un po’, perché mi dispiace abbandonare i paesaggi che sto vivendo, ma mi fido che ci saranno altre bellezze da vedere.

Apprezzare l’arte: effetti ottici a occhi aperti (dalle 15 alle 15.45 circa)

Aprendo gli occhi, ho iniziato ad osservare varie distorsioni ed effetti ottici. Per un po’, ad esempio, mi sembrava che tutto fosse composto di tre strati leggermente disallineati, di cui quelli alle estremità con tonalità di magenta e di verde, come le immagini che poi diventano tridimensionali con gli occhialini. Ho provato a spiegare questa cosa semplicissima a R, ma i miei processi cognitivi in quel momento, e per molte ore successive, erano piuttosto alterati.

Come iniziavo una frase a voce, nel frattempo ne avevo già pensate altre 15, ero partito a riflettere su altre cose, e mi ero scordato quello che stavo dicendo prima, o non lo consideravo più importante. Inoltre c’era un senso di grandiosa importanza di ciò che vedevo: data la somiglianza con le immagini che poi diventano tridimensionali con gli occhialini, parte di me sentiva di essere di fronte ad una profonda verità dell’universo, o quantomeno della percezione ottica.

Tornerò sui processi cognitivi più avanti.

Altri effetti ottici a occhi aperti erano il vedermi allo specchio con il viso molto squadrato e con i tratti somatici tutti ammassati al centro, lasciando molto spazio vuoto sul volto; quello che ho chiamato “prosciugamento”, ossia che ogni tot tempo sembrava che parte del campo visivo, che prima mostrava cose più rigonfie, spugnose, si sgonfiasse di colpo, come se l’aria o non so cosa venisse risucchiato di colpo, rendendo il tutto più spigoloso ma anche più nitido. Tutte le cose si muovevano se le guardavo per una manciata di secondi.

Poi, il mio sguardo è stato letteralmente catturato da un quadro che ho in salotto. Non me ne intendo di arte, non credo sia un grande quadro. È lì per riempire una parete altrimenti vuota.

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Osservandolo, mi trovavo di fronte a campagne che si perdevano fino all’orizzonte. Ero lì davanti, come a guardarle dalla finestra rappresentata. Erano tridimensionali, erano davvero tridimensionali. Non ci potevo credere. Mi sono perso ad osservare ogni minimo dettaglio di questa figura che in anni non avevo mai degnato di nulla di più di uno sguardo superficiale e complessivo. In quel momento mi sono reso conto di non aver mai capito né osservato l’arte (l’arte pittorica quantomeno, e in generale quella visiva) in vita mia. Quante minuzie, quanti dettagli, era tutto interessantissimo e lo stavo scoprendo per la prima volta. Devo averci passato almeno una quarantina di minuti. Chissà cosa avrei potuto vedere e apprezzare se mi fossi trovato in un museo, anziché di fronte a questo quadro.

Le Linee Egizie: effetti ottici a occhi aperti, parte 2 (dalle 15.45 alle 16.30 circa)

Ad un certo punto, non ricordo bene quando, e l’effetto è stato abbastanza sovrapposto a quelli descritti nella parte 1, hanno iniziato a lampeggiare, e successivamente emergere, delle linee luminose dal quadro, dalle pareti, dai mobili, da ogni cosa. Queste linee consistevano di simboli, forme, lettere etc, e ricorrevano occhi simili a quelli egizi (vedi immagine).

002.jpgQueste linee sembravano insite in ogni cosa, pronte a emergere dopo una manciata di secondi, e sembravano disporsi e armonizzarsi perfettamente con l’oggetto da cui comparivano, come se fossero l’intelaiatura fondamentale che sorreggeva l’oggetto e faceva sì che questo potesse esistere e avere un senso.

Gli oggetti erano poi collegati tra loro da queste linee nascoste, o meglio da un insieme di simboli luminosi disposti linearmente come se facessero parte di una striscia, che sembrava tanto un nastro o meglio ancora una linea di geroglifici, come queste:

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Nell’immagine ce ne sono 6. A collegare gli oggetti ce n’era solo una. Le ho chiamate le “cinghie egizie”. Nel contesto del gioco (R mi aveva detto che avrebbe creduto a tutto quello che avrei detto e di portare avanti quel che vedevo, di fingere di dare credito alle visioni), ho deciso che bisognava scoprire da dov’è che si originavano queste esoteriche linee che facevano parte di tutte le cose. La prima ipotesi era il quadro, scartata non ricordo bene perché.

R ha proposto di guardare nelle carte di Magic. Nel raccoglitore, tra le prime carte avevo questa, foil (brillante):

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Per ciò che vedevo io, le linee arrivavano da ovunque, mescolandosi a tutte le carte (ma sempre con un’armonia e un ordine geometrico invidiabile), e si collegavano alle linee visibili sul vestito di Jace, che si illuminavano a seconda della posizione da cui si guardava la carta, essendo brillante. Forse era da questa carta che si originavano le linee?

No, all’improvviso ho capito! L’origine di tutto era il manuale del gioco di ruolo Lovecraftesque, che ha in ogni pagina simboli e immagini nascosti, invisibili ma che diventano linee luminose quando vi si proietta luce UV con un laser. Ho preso il manuale e ho iniziato a osservarne le pagine. Anche R ne era colpito, ed entusiasmato.

Io vedevo molte più linee e simboli di quelli che comparivano usando il laser, che andavano ad aggiungersi in modo armonico a quelle che effettivamente c’erano.

Ho spiegato a R che così poteva avere un piccolo assaggio di quello che stavo vedendo: c’era un primo livello con le pagine normali, uno con le linee e i simboli mostrate dal laser, e ulteriori linee e simboli visibili solo con gli acidi. Mentre provavo a dirlo (ci ho messo molto, perché la mente partiva per dozzine di pensieri), avevo l’idea che fossero linee che facevano davvero parte del libro e che stavo svelando.

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La pessima idea di andare all’aperto: principio di Bad Trip (dalle 16.30 alle 16.40 circa)

Ancora nel picco degli effetti, abbiamo deciso di uscire all’aria aperta (in città). Inizialmente gli edifici ballavano un po’, si deformavano, ho anche osservato diversi pattern formati dalla combinazione di rami degli alberi, edifici, nuvole che si intersecavano a formare geometrie varie.

Dopo circa 5 minuti, R mi ha chiesto di guardare in basso, incuriosito da cosa avrei visto nelle strisce pedonali.

Ho guardato in basso.

Vetro. Buio. Sento un suono netto, come un bastone con un pomello di vetro che poggia elegantemente, ma decisamente, contro del parquet. Tutto si spegne per un secondo. Riapro gli occhi, sento un fischio continuato, come quando uno schermo non è sintonizzato su niente, o come il fischio alle orecchie dopo che c’è stata un’esplosione o uno sparo a poca distanza dalle orecchie.

Il campo visivo è distorto. Mi sembra di essere solo i miei occhi, sto guardando il mondo tramite una bolla di vetro, forse un casco di realtà virtuale. Mi sembra di guardare qualcosa che viene trasmesso, non sono nella realtà.

Mi sento mancare.

Guardando in basso mi sembra che tra il mio punto di osservazione e l’asfalto ci siano kilometri e kilometri di spazio. Come se guardassi da un punto altissimo.

Provo ad alzare lo sguardo (mi trovo in una zona con quartieri molto squadrati e strade dritte che si intersecano a griglia).

Le strade sembrano lunghissime, infinite. I condomini sono più spigolosi e netti e svettano maggiormente.

La cosa peggiore è questa sensazione che non se ne va: d’un tratto la realtà ha smesso di apparirmi reale. Tutto è finto, non sono più una persona che sta nel mondo, io sono degli occhi che osservano qualcosa di virtuale e fittizio.

Per qualche secondo sono confuso, non realizzo davvero. Poi noto che questa sensazione, questo modo di percepire, di stare al mondo, non se ne sta andando.

Tutti i suoni sono ovattati.

Penso che è finita. Fino a quel momento stavo giocando: visioni a occhi chiusi… oppure effetti che andavano a sovrapporsi alla realtà. Ma comunque era la realtà.

Ora non più. È finita. Non sto più vedendo e vivendo la realtà come viene vista e vissuta normalmente. Mi sono fottuto la vita e il cervello. Dieci secondi prima era tutto a posto, e adesso ho finito di vivere.

Chiedo a R di tornare a casa. Ormai è inutile, perché tanto mi sono fottuto la vita, ma non posso stare lì in mezzo a quelle strade lunghissime che hanno perso ogni significato.

Ho paura di perderlo, che finisca troppo lontano, che non riesca più a vedere le cose, quindi mi aggrappo al suo braccio.

Continuo a ripetere, a bassa voce, con tono piatto, per convincermi e per mantenere un contatto anche con lui, ma evitando di farmi vedere in stato di shock dai passanti: “Devo stare calmo. Finirà tutto. Adesso torniamo a casa e finirà tutto. Non mi sono fottuto la vita. Passerà.”

I passi sembrano avere un suono finto, come se fossero generati dal videogioco che sto osservando. Le persone sono come personaggi di un videogioco. Io stesso non sto camminando, sto osservando muovere un personaggio all’interno di un videogioco in prima persona col campo visivo deformato.

Vedo quindi le strade che man mano cambiano, anche se sono lunghissime, infinite. È un labirinto infernale. Probabilmente, penso, questi sono i labirinti infernali di minotauri e demoni della mitologia che distorcono spazi apparentemente familiari rendendoli una prigione da cui non si può fuggire.

Mi sembra che tutto questo duri almeno un’ora.

Più volte gli chiedo “quindi stiamo camminando in questo momento?”, perché non ne sono sicuro. A volte non vedo nulla. A volte vedo le strade lunghissime. In ogni caso, non mi sento le gambe, e non sto camminando, e non sto vivendo come se attorno a me ci fossero cose reali.

Mi sforzo razionalmente di mantenere la calma e la consapevolezza che sì, è tutto reale.

Voglio evitare con tutte le mie forze il disturbo post-traumatico che alcuni subiscono in seguito a dei bad trip. Cerco di respirare e mantenere la calma.

Tempo dopo (ore, per come le ho vissute io, 5 minuti, nella realtà), R mi ha detto che stavo camminando normalmente, senza perdita di equilibrio o simili, come se fossi tranquillissimo, a parte per lo stare andando a braccetto con lui.

Dentro di me, stavo vivendo la peggiore esperienza della mia vita, qualcosa che non auguro a nessuno e che non pensavo fosse possibile esperire.

Se non ci fosse stato lui, se fossi stato da solo, o con altre persone che avessero preso sottogamba la cosa, liquidandola e insistendo per rimanere fuori… non so onestamente cosa avrei fatto e cosa mi sarebbe successo.

Ho avuto la persistente sensazione che la città fosse diventata più simile all’estetica e le proporzioni degli spazi in Puella Magi Madoka Magica, enormi rispetto al necessario. Alcune immagini potrebbero rendere l’idea:

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La lenta ripresa (dalle 16.40 alle 18 circa)

Tornato a casa, guardando il pavimento continuavo ad avere la sensazione di essere un titano che avrebbe potuto calpestare intere nazioni con una falcata. La sensazione che tutto fosse finto persisteva. Mi spiace non poter descrivere meglio di così la gravità, la forza, l’urgenza di quello che ho vissuto.

A dispetto di tutto ciò che sapevo, in quel momento avevo il terrore che sarei rimasto così per sempre. R mi ha pian piano calmato, mi ha fatto parlare, raccontare di tutto a partire da oggetti che avevo in casa. Ha rimesso la musica (in particolare un album che amo e che ormai associo ai trip, avendolo ascoltato in tutte e tre le mie esperienze finora: Octopus dei Gentle Giant). Mi ha detto di non guardare più in basso. Lentamente, nel giro di un’oretta, la situazione si è stabilizzata, e la condizione che poi ho scoperto chiamarsi derealizzazione è sparita (o, per meglio dire, è sfumata in qualcosa di diverso, e poi ancora diverso, etc., fino a normalizzarsi).

Continuavo, però, a non sentirmi correttamente i piedi, e in particolare le dita (anche quelle delle mani), e ad avere difficoltà con le distanze.

Lupo, Scorpione, Demone: il riconoscimento di pattern durante il comedown (dalle 18 alle 21.30 circa)

Dopo essermi calmato un po’ (pur col timore di avere poi in futuro dei flashback della derealizzazione), ho provato ad osservare nuovamente il quadro e altri oggetti. Le linee luminose continuavano a pulsare e comparire dopo qualche secondo di visione, ma erano un pallido riflesso di ciò che erano state ore prima.

Invece, ora che c’erano meno linee e guazzabugli colorati, potevo osservare meglio la potenza con cui ogni cosa si trasformava in una figura dotata di senso, senza sforzo. Nel quadro ho osservato una forma che mi appariva come un lupo, o almeno come metà del viso di un lupo.

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Le linee luminose formavano inoltre simbolicamente un altro volto di lupo, più grande, attorno a quel lupo. R mi ha chiesto poi cosa vedevo in un altro punto, indicandolo a caso. Ci ho visto uno scorpione, e ho dovuto faticare per spiegargli come lo vedevo, ma dopodiché l’ha visto anche lui. Lì ho capito, pensando anche al fatto che le luci bianche intense degli schermi mi infastidivano, che vedevo molto di più i contrasti.

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Sempre per il discorso che il riconoscimento di schemi è potenziato, mi è subito venuto in mente che avevo appena visto un Lupo e uno Scorpione, e le iniziali facevano LS. Se il terzo elemento fosse iniziato per D, avrebbero formato la sigla LSD.

R allora ha indicato un altro punto a caso, mi ha chiesto cosa ci vedevo. Io nel frattempo avevo fatto altre decine di pensieri e non stavo già più calcolando questa cosa, e ho detto che ci vedevo un Demone (in stile giapponese), perché effettivamente quello c’era. E solo dopo mi sono reso conto che era davvero uscito LSD.

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Il disegno l'ha fatto R ed è un po' diverso da come l'ho visualizzato io, ma bene o male ci siamo, e serve solo (spero) a farvi vedere il demone nell’immagine originale. Poco dopo, R mi ha indicato punti vari un po’ ovunque in casa, e ho visto una miriade di figure lupine. Per scherzare, ha detto che significa che il lupo è il mio spirito guida.

Maestro del Tempo e delle Linee Temporali: Processi cognitivi

Oltre a ciò che ho già detto (riconoscimento di forme e pattern estremamente potenziato; pensiero rapidissimo; distanze e profondità accentuate), in varie occasioni ho avuto la sensazione di essere brusco e scorbutico e mi veniva da chiedere scusa, e in parte mi sentivo come se in quel momento fossi io a starmi prendendo cura di R, anziché il contrario.

Un altro aspetto peculiare è che parte di me sapeva che non ero stato effettivamente scorbutico, ma sentivo di doverlo comunque chiedere. Era come avere in parallelo una mezza dozzina di processi di pensiero diversi, e quindi pur avendone uno che sapeva che l’altro stava esagerando, quell’altro doveva ritagliarsi il suo spazio e parlare chiedendo scusa.

Lì per lì la visualizzavo come se tutte le possibilità di varie linee temporali stessero accadendo e dovessi dare spazio a ciascuna, e ho faticato a descrivere ad R la sensazione e la situazione, che ora trovo difficile da ricordare.

Molto importante è la dilatazione del tempo: dato che pensavo molto più velocemente, il tempo scorreva soggettivamente molto più lento. E facevo moltissima attenzione alla mimica facciale di R, quello che diceva, riflettevo sul perché lo dicesse, etc.: avevo molto più tempo per farlo, dato che pensavo ad una velocità estremamente più alta del solito, e dunque facevo osservazioni tra me e me che non avevo neppure il tempo di esplicitare, visto che poi passavo ad altre.

Complessivamente, gli effetti sono durati fino all'1 di notte circa, anche se dalle 22 non vedevo più le linee egizie sul quadro né forme in ogni cosa. Continuavo però a sentirmi diverso, stimolato, e le luci improvvise giocando a Guitar Hero mi facevano molto più effetto del normale. Andando a dormire, inoltre, vedevo ancora a occhi chiusi forme di ogni tipo che si riproducevano e ruotavano, ma ogni volta di un solo colore.

Considerazioni finali

Nel complesso sento di aver attraversato una gamma di esperienze impressionante. Nel giro di poche ore mi sembra di aver vissuto epoche e di aver sperimentato qualcosa di fondamentale e importante.

Sono riuscito a uscire senza problemi e a dormire con sogni tranquilli, quindi credo che il pericolo di stress post-traumatico sia scampato.

Detto questo, sento di aver preso decisamente sotto gamba la potenza di ciò che stavo andando a vivere. Non avevo idea che la derealizzazione fosse possibile. E anche sentendo parlare in generale di cose come “dissoluzione dell’io” o “morte dell’io” etc., che so che possono accadere con alcune droghe, mi sembravano semplicemente parole. Anche per questo, credo che a chi legge la mia esperienza di derealizzazione senza averla vissuta, sembreranno semplicemente parole. Non potrà capire quanto mi si fosse disintegrata la realtà in quel momento e quanto abbia avuto il terrore che fosse tutto finito.

Dopo questa esperienza, passerà molto tempo prima di voler provare ancora dosi così elevate, e non mi azzarderò a farlo da solo o con altre persone a loro volta sotto acidi, etc.: nel caso dovesse risuccedere, avrò bisogno di qualcuno che possa prendersi cura di me, per uscirne sano, come grazie al cielo è stato.

La prima volta, provando 50 microgrammi, non ebbi effetti ottici, non ebbi pressoché nulla di ciò che caratterizza più profondamente l’LSD, e pur essendo stata una bellissima esperienza rimasi un po’ deluso. Ero convinto che avrei saputo gestire tranquillamente dosi più alte anche da sùbito.

Ora so che se avessi iniziato subito con 200 sarebbe potuta finire malissimo. Continuava ad essere riconoscibile il complesso di sensazioni somatico-psichiche, e dunque c’ero già abituato dalla volta prima, così ho potuto concentrarmi sugli effetti ottici, le alterazioni dei processi cognitivi, e il cercare di mantenermi calmo durante la derealizzazione.

Effettivamente penso quindi che iniziare da 50 microgrammi, pur se restituisce un’esperienza priva di effetti ottici etc., sia indispensabile per trattare questa sostanza e la propria salute con il dovuto rispetto e la dovuta sicurezza. E che sia indispensabile anche avere un Trip Sitter preparato finché non si sa di poter gestire certe esperienze.